Racconti

di Paolo Cortesi

  • Un Racconto di Paolo Cortesi

    Riunione di Lavoro

    Domani, in Italia.......................

    Il direttore aveva deposto sulla grande scrivania alcuni fogli; su ciascuno erano scritte solo poche parole, e i fogli sembravano bianchi; sul lustro del legno erano come fazzoletti ben stirati e la luce che veniva dall'ampia finestra, a lato, li faceva brillare.
    Il direttore si chiamava Apollonio Malozzi Canicchi Tincalli Gravasio; negli anni, la funzione aveva trasformato il suo corpo in una forma umana veramente dirigenziale: era corpaccioso e liscio, polposo, curatissimo, lento, basilicale, lo sguardo che si posava appena sulle cose, e ancor meno sulle persone, sguardo bizantino, geroglifico, aulico, cesareo; le basette geometriche intatte. Attraversati dal fiotto di luce che veniva dalla grande vetrata, i peli delle orecchie apparivano fili sottilissimi trasparenti, fili d'oro, come scintillii che apparivano e sparivano seguendo i moti, misuratissimi, del capo.
    Il direttore teneva moltissimo ai quattro cognomi (due dei quali attribuiti da se stesso) e non rispondeva a lettere, mail o telefonate che non gli fossero rivolte appellandolo con tutti i quattro cognomi, i due veri e i due che gli erano piaciuti in un vecchio annuario della nobiltà italiana.
    Ora, Apollonio guardava i fogli posati sull'enorme scrivania a cui sedeva; guardava un po' meno i cinque segretari che aveva fatto convocare e che stavano in piedi davanti a lui.
    I cinque erano i suoi collaboratori. Così li chiamava, disprezzandoli tutti in cuor suo.
    I cinque aspettavano che il direttore (da loro cautamente chiamato lo stronzo, quando c'erano tante garanzie di segretezza ambientale) aspettavano da diversi minuti che il direttore dicesse per quale motivo li aveva fatti chiamare. Ma erano abituati a questa miserabile farsa, e fare aspettare i collaboratori era uno dei modi tramite i quali Apollonio godeva più pienamente del suo stato dirigenziale assoluto.
    Apollonio guardava ciascun foglio con cura, quasi che non smettesse di trovarvi nuovi segni e nuove rivelazioni. Ogni tanto, toccava un foglio con la mano. Le dita, tozze e curve, quasi gonfie, terminavano con unghie strette, puntute. Guardò ancora a lungo, in silenzio. Picchiettava un foglio con l'indice a lungo, per tutto il tempo che lo guardava; poi si rivolgeva ad un altro, e iniziava a picchiettare quello, con un ritmo costante, pareva che contasse le battute, pareva che quel picchiare coll'indice ricurvo fosse la parte più importante, in quel momento, del suo lavoro dirigenziale.
    I cinque collaboratori non avevano fretta; erano anni che conoscevano questa abitudine dello stronzo e dunque stavano lì come se aspettassero il tram.
    E infine, Apollonio con i quattro cognomi aprì la bocca e, sempre picchierellando l'indice malfatto sul foglio candido, parlò:
    -Questo...-
    disse e poi tacque, come se un affanno, un'oppressione estrema lo soffocasse.
    Nessuno dei collaboratori disse nulla e intanto il direttore batteva il suo dito con il ritmo consueto, invariato.
    -Questo potrebbe essere buono.- mormorò come parlando nel sonno, a voce bassissima.
    -Sì, infatti.- disse uno dei collaboratori.
    Il direttore interruppe il suo picchiare e portò la destra alla fronte; appariva più che assorto: appariva in una meditazione profondissima, quasi dolorosa.
    -Però non so, non mi convince...- sussurrava il direttore che si teneva la fronte fra pollice e indice della mano destra -Non so...non...-
    All'improvviso si scosse, guizzò come spinto da un coltello alle reni; afferrò i fogli che aveva vigilato e li porse ad un collaboratore, esclamando:
    -Legga lei. A voce alta. Sentiamo come suonano.-
    Poi, per insegnare qualcosa:
    -Anche l'orecchio vuole la sua parte.- disse.
    Il collaboratore che si prese i fogli era Emilio. Iniziò a leggere le due parole scritte su un foglio:
    -Valorizzazione etica.-
    Altro foglio:
    -Correzione sociologica.-
    Altro foglio:
    -Ristabilimento morale.-
    Altro foglio:
    -Equità radicale.-
    Ultimo foglio:
    -Assestamento giuridico definitivo.-
    Emilio aveva finito. Non sapeva se tenere ancora i fogli o ridarli al direttore, ma lo stronzo non dava alcuna indicazione in merito: se ne stava a labbra chiuse e occhi stretti. Fuori la luce del sole era piena e chiara e tutto quello che si vedeva dalla finestra era grandissimo e fitto di vita e di calore. Molte cose si muovevano: persone, automobili, cani, biciclette, una bandiera.
    -Non so.- prese a dire il direttore -Valorizzazione etica mi sembra... mi sembrava buono... ha segno positivo, perché il termine valorizzazione dà l'idea di una azione...un'azione benefica, che valorizza, che dà il giusto valore... così la gente apprezza, capisce che è una cosa utile, buona...-
    -Da quando si chiamano termovalorizzatori gli inceneritori fanno meno paura.- commentò sorridendo il collaboratore Oreste, che il direttore ignorò.
    -Però- continuò lo stronzo -questo termine non piace alla chiesa. Sua eccellenza il signor ministro me lo ha fatto capire chiaramente. E' troppo forte, per la chiesa. Non si può.-
    -Ma la chiesa ha dato il via libera, quindi...- fece il collaboratore Corrado.
    -Sì sì. Però certe sfumature, certi dettagli, come dire?, certi particolari, capito?, certi dettagli certe sfumature sono importanti... su questo non si scappa. Bisogna stare attenti a questi dettagli che sono essenziali. Dico essenziali.- disse gravemente il direttore, come trasumanato dalla sua stessa potenza.
    Il collaboratore Emilio restituì i fogli al direttore, dicendo:
    -Ristabilimento morale mi sembra possa andare bene.-
    Apollonio dai quattro cognomi guardò con una nuova tenerezza i fogli planati sulla scrivania.
    -Sì, forse... non so...- sussurrava -magari è un po' duro... troppo laico... non so...-
    Tutti tacquero: Apollonio sfinito per la gravezza del lavoro che doveva svolgere (cioè scegliere il termine chiave per la stesura della legge Morani); i collaboratori esausti per questa impudica perdita di tempo.
    -Io eliminerei senz'altro "correzione sociologica"; mi sembra cupo e anche improprio.- disse il collaboratore Michele.
    -Eh, cupo...- sbottò il direttore - In fondo, sempre di pena di morte si tratta.-
    -Sì; però quella parola correzione fa subito venire in mente i compiti, i brutti voti, le interrogazioni, la scuola.... alla gente non andrà giù...-
    Il direttore Apollonio annuì:
    -Vero. Questo non va bene.- e appallottolò con forza eccessiva il foglio che recava la scritta sciagurata. Lo lasciò cadere in terra.
    -Anche equità radicale può creare confusione...non fa venire in mente le tasse?- domandò il collaboratore Corrado.
    Apollonio chinò un po' la testa e strinse le labbra (pareva volesse buttare un bacio alla scrivania); picchiò ancora ritmicamente il dito curvo ad uncino su un foglio.
    -Assestamento giuridico definitivo.- disse infine col tono della dichiarazione -E' il termine più adatto, il più corretto. Questo va bene.-
    I collaboratori non dissero nulla, tanto al direttore non interessava niente che venisse da loro.
    Apollonio il direttore Apollonio era fiero di sé. Anche questa volta era stato il migliore.
    -Assestamento giuridico definitivo.- disse ancora il direttore, questa volta un po' più lentamente, per fare scorrere le parole davanti agli occhi e a lasciarle misteriosamente fluttuare in aria, davanti a sé, brillanti e leggere nella grande luce che prorompeva dalla finestra tersa.